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BOOK OF MYTHS

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PRIMO MITO DI NEITH
All’inizio vi erano una dea e un palazzo. E la dea era il palazzo.
Il cuore della dea era cavo e lì abitavano gli uomini. Anche il ventre della dea era cavo e lì pure abitavano gli uomini. Dagli occhi fino alle dita dei piedi, dagli occhi fino alle radici dei capelli tutto era nella dea. Una vertigine verticale era la presenza della dea.

La dea, la Terribile, insegnò agli uomini molti misteri. Donò loro molti doni. Donò loro l’acqua, da cui tutto inizia, perché conoscessero il bisogno. Il coccodrillo, perché avessero a temere qualcosa di concreto. La lotta in cui mettere a repentaglio il proprio corpo. L’arco e le frecce, perché la lotta benché forsennata fosse leale. Il telaio per tessere le loro storie in arazzi senza fine e ad avere così memoria e coscienza. Ma prima di tutto il resto e senza alcuna spiegazione, donò loro l’azione.

Quando apparve nel mondo la luce dell’azione, allora apparve il fuori. Oltre alla dea e al palazzo, era l’azione. E l’azione era degli uomini.

A poco a poco per esplorare il fuori gli uomini lasciarono il palazzo(1). Così iniziò a morire colei che non muore.
La dea, la Terribile, svanì ma rimasero il palazzo e l’azione.

Nove(2) vie conducono al palazzo. Un unico libro narra le nove vie. Un’unica faretra raccoglie le nove frecce lungo la schiena della dea.
Se mai si perdesse il dono dell’azione, le nove vie rimarrebbero.

APPENDICE
Dal libro dei Nove:
Le mie ossa diverranno colonne e le cavità del mio corpo stanze senza fine. Lì per sempre rimarrà il mio dono. Abitate il mio corpo e conoscerete il dono che avete trascurato.

Bianche e lucenti, vaste ognuna come il dorso di cento balene, sono le sue ossa.
Dalle ossa della dea gli uomini ricavarono rifugi e utensili, ornamenti e armi.

Nove sono le frecce che porto con me. Ogni freccia di osso bianco ha una punta di nero ferro.
Le punte si consumeranno, ma il volo mortale della freccia verso il suo bersaglio rimarrà uguale in eterno. Le punte si consumeranno, quando il tempo si sarà consumato, ma i più saggi di voi sapranno forgiarne altre. Non confondete le nere punte con le bianche frecce(3). Le une periranno, le altre saranno per sempre.

All’inizio era Neith, signora delle acque, dal cui seno si nutrì il coccodrillo, e Neith era la dea ed era il palazzo.
Nel suo corpo dimoravano gli uomini e il suo corpo rispondeva a ogni loro domanda.

Noi che abbiamo dimorato in Neith, signora delle acque, noi che siamo state mummie nel deserto felice, noi che abbiamo dormito in mausolei e ospedali sonni senza palpebre… l’ultimo palazzo che ci attende sarà metallo e silicio, dati e impulsi elettrici.
In un canopo ci sono i nostri occhi.

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Note

(1) Tutti portarono con sé l’arco e frecce, portarono con sé il bisogno e l’amore forsennato per la lotta, la paura del coccodrillo e la consolazione del telaio. Ma non tutti portarono con sé il dono inspiegato dell’azione. Così avvenne che iniziassero le differenze tra gli uomini, coloro che dominano e coloro che sono dominati.
(2) Il mito parla di nove vie ma si tratta di un numero simbolico che rimanda alle nove parti che nella mitologia egizia compongono l’anima. Le nove vie vengono citate in parallelo alle nove frecce, attributo della dea : risulta così chiaro che esse derivano sempre dalla benevolenza della dea, che permette agli uomini di ritrovare l’accesso al palazzo. Rimane però forte il rimando all’unità, sottolineato dalla presenza di un unico libro e di un’unica faretra. Dato il contesto, possiamo leggere nella faretra un simbolo per la cura del sé e nelle nove frecce altrettanti esercizi.
(3) In questo passo le nove frecce sembrano alludere alla totalità della cura del sé. Le nere punte potrebbero essere i parastemata che rappresentano il condensato in un dato momento storico del dressage cui l’adepto si sottopone. L’avvertimento è preciso: non bisogna credere che i parastemata siano immutabili. Essi sono legati a un contesto, a uno scenario, a un tempo e a un luogo.

SECONDO MITO DI NEITH
E Neith impugnò l’arco e lo tese
e tenendolo teso visualizzò le acque infinite da cui era nata e la loro solitudine, la loro nera unità
e tenendolo teso disse: non uno
e scoccò un’unica freccia che attraversò tutto il creato dividendolo e frantumandolo in una infinita varietà di cose, luoghi ed esseri
e l’unica freccia, dopo aver attraversato tutto il creato, colpì il petto dell’uomo, colpì il centro del suo essere e lo frantumò in nove parti.
Neith contemplò la sua opera e ne fu soddisfatta, solo del cuore dell’uomo non fu ancora soddisfatta.
Impugnò allora l’arco e lo tese
e tendendolo visualizzò le immote nere acque da cui era nata e il tumulo primigenio su cui era emersa, sola con la sua faretra, sola con il suo arco, una nera colonna tesa verso il cielo nero
e tendendolo disse: non immoto
e scoccò una seconda freccia che trapassò in un solo colpo le nove parti del cuore dell’uomo e le trasformò in una cascata di particole. L’attrito fu tale che il sangue dell’uomo iniziò a fluire nelle sue vene e le particole a fluire in esso e il centro dell’essere dell’uomo si dissolse in una costellazione di particole in movimento che scivolando nel suo sangue portano le immagini dal cuore al cervello.

MITO DEL RE DEL MONDO
Esisteva un tempo una città, Agharti, in una vallata chiusa tra alte montagne.
Questa città era l’archetipo di tutte le città che vennero poi, ma nessuna poté uguagliarla in perfezione. In nessun luogo la vita era così felice, gli abitanti così prosperi e longevi, i commerci floridi, le feste sontuose.
Il suo nome divenne celebre fra tutte le genti e i viaggiatori sognavano di raggiungerla.
Ma il segreto della sua fortuna non sembrava essere replicabile:
le sue usanze, le sue leggi e i suoi costumi infatti non potevano essere tramandati, perché mutavano ciclicamente. Se una generazione conosceva Agarthi come una monarchia illuminata, nel volgere di un secolo ne veniva celebrata la fama di democrazia. Se in un’epoca ad essa veniva associata una religione politeista e vitalistica, nel giro di quarant’anni si scopriva che era dominata da un integralismo fanatico.
Al volgere di un certo numero di anni, infatti, uno degli abitanti della città era spinto dal demone che dimorava in lui (dal proprio Animal Spirit) a compiere l’azione che rovescia.
L’azione poteva essere semplice o terribile, sanguinaria o misericordiosa, capace di creare o di distruggere. Quale fosse l’azione non veniva mai tramandato. Le leggende ricordavano solo i suoi effetti, che cambiavano il corso delle cose, le abitudini di vita della città, le leggi e le tradizioni.
Chiunque poteva essere chiamato dal demone a sovvertire l’ordine costituito.
Colui che compiva l’azione e la proclamava veniva allora chiamato Re del mondo.

PRIMO MITO DI Pas zou-hot
Ci fu un tempo in cui il mondo era un blocco denso e buio come una gigantesca onice nera e non c’era quasi spazio al suo interno affinché qualcosa si muovesse.
Tutte le cose erano vicine. Tutte le cose erano connesse. Tutte le cose erano necessarie.
E gli uomini non conoscevano il senso della parola azione.

In quel tempo in cui il mondo era liscio e compatto come una palla di cannone,
l’essere era tutt’uno con l’agire, e gli uomini non si ponevano il problema di chi fossero.
Vi era un’unica lingua. E in questa lingua i nomi delle cose e delle persone derivavano da ciò che esse potevano o non potevano fare.

Così il sasso di montagna si chiamava “ciò che rotola” (nooll-ot) e il ciottolo levigato tra le acque del fiume si chiamava “ciò che resiste all’erosione delle acque” (avoVarat Ragarn batak-ot).
E l’uomo che poteva costruire case era colui che dà riparo (Oushi go-hot), l’uomo che sapeva forgiare armi si chiamava colui che fa le fredde lame capaci di morte (es zuEr-Navat ra-hot), il sacerdote era colui che narra le storie del cielo e della terra (avoNirat I Irat Urilal laa-hot).

Nei giorni in cui il mondo era scuro e intatto come un pezzo di carbone, gli dei, – che gli uomini chiamavano coloro che sono il fuori del mondo (Neh-Urmat ou-tant) – avevano molto spazio a loro disposizione, abitavano infatti tutto ciò che non era mondo e tra il mondo e loro non vi era alcuna distanza.
Se un uomo voleva rivolgere un’invocazione a qualcuno tra coloro che sono fuori del mondo, gli bastava nominarlo e iniziare a parlargli ed esso udiva e spesso- se non era troppo impegnato, rispondeva.
Ma poiché non vi era alcuno spazio intermedio, il grosso demone Pas zou-hot (colui che abita gli spazi intermedi) che allora non aveva nome, non aveva spazio per sé ed era scontento.

SECONDO MITO DI Pas zou-hot
Al tempo in cui il mondo era una palla di ebano che girava languidamente su di sé, Pas zou-hot mise piede sopra di esso perché voleva farsi spazio.
Andò dal primo uomo che incontrò, che si chiamava Colui che trae cibo dalla terra e gli parlò:
Tu!- gli disse,- vedi quel pesce argentato nel fiume? Pescalo per me e io ti ricompenserò.
Ma Colui che trae cibo dalla terra non volle pescare il pesce, perché non l’aveva mai fatto.
Allora Pas zou-hot si adirò terribilmente e si disse tra sé: quando avrò il mio spazio non lo dividerò con colui che trae cibo dalla terra.
Poi Pas zou-hot incontrò colui che uccide il nemico e gli disse
– Tu! vedi quella mela matura su quel ramo? Coglila per me e io ti ricompenserò-.
Ma colui che uccide il nemico non volle cogliere il frutto, perché non l’aveva mai fatto.
Allora Pas zou-hot si adirò terribilmente e si disse tra sé
-quando avrò il mio spazio non lo dividerò con colui che uccide I nemici.-
In ultimo Pas zou-hot incontrò avoNirat I Irat Urilal laa-hot e gli disse:
-Tu! vedi quella pietra nera accanto a me? La sua presenza mi tormenta. Scagliala lontano da me e io ti ricompenserò-.
AvoNirat I Irat Urilal laa-hot gli rispose
– se io faccio ciò che mi chiedi, chi sarò?-
E Pas zou-hot rispose
– sarai molte cose e avrai molti nomi. Se scagli quella pietra, farai posto al primo dei tuoi nuovi nomi. Sarai Colui che ha fatto spazio a Pas zou-hot e io ti sarò amico.
AvoNirat I Irat Urilal laa-hot gli rispose allora:
– ma sarò anche colui che ha scagliato la pietra nera e colui che ha fatto spazio ai nuovi nomi nel mondo e chissà quante altre cose…
E Pas zou-hot rispose:
– è così-.
Allora AvoNirat I Irat Urilal laa-hot scagliò la pietra nerà e lacerò il denso velluto del mondo, facendo spazio a Pas zou-hot e a tutte le nuove azioni possibili degli uomini.
Ma Pas zou-hot gli aveva mentito, egli rimase ciò che era, AvoNirat I Irat Urilal laa-hot.
Soltanto separò ciò che legava il suo essere alle sue azioni e così il suo nome e il nome di tutti gli uomini venne dimenticato.

Quando AvoNirat I Irat Urilal laa-hot scagliò la pietra e poi ogni volta che un uomo compiva una nuova azione, la trama del mondo si allargava, e si creava lo spazio necessario all’agire. Il mondo diventava più leggero. Meno denso. Più largo e diffuso. Gli dei venivano allontanati e uno spazio intermedio tra loro e il mondo era ormai occupato dall’enorme demone Pas zou-hot. Gli dei non riuscivano quasi più a sentire le parole degli uomini a meno che Pas zou-hot non le ripetesse per loro. Ma Pas zou-hot ricordava bene che gli uomini per ben due volte non l’avevano aiutato, quando egli lo aveva chiesto. Perciò non ripeteva quasi mai le loro parole ed era con loro poco gentile.

TRACCE DI UN MITO DELL’ANIMAL SPIRIT
C’è stato un tempo in cui l’uomo era ciò che faceva. Le sue azioni erano un prolungamento omogeneo e naturale del suo essere. L’azione, rotonda e succosa, si staccava dall’uomo come un frutto maturo. Nell’istante in cui l’uomo agiva, si poteva vedere, sovrapposta alla sua figura, improvviso e delineato, il suo Animal Spirit.

Nell’istante in cui l’uomo cedeva al balzo istintivo ed agiva e l’azione perfettamente compiuta rotolava via da lui, intatta, allora appariva l’Animal Spirit.
Ogni uomo aveva il proprio e tutti erano diversi. Tutti però discendevano da un animale e ne mantenevano le sembianze.

L’Animal Spirit era con lui. Nè buono né cattivo, né mortale né immortale, non conosceva la stanchezza né la compassione, non considerava il profitto e la perdita. Esso spingeva verso l’azione, era vorace e talora violento e non era contenuto dalla misura del possibile.

Come è dunque accaduto che gli uomini, che ancora respirano e hanno sangue che corre nelle vene, che come prima vedono, camminano e sognano, hanno perduto questo senso?

THE BONES BALLAD
Solo l’azione dice chi sei – canta il tuo animal spirit –
quando verrà il momento sarò pronto.
Dalle ossa dell’animale nasce l’animale,
se ciò che è invisibile diventa visibile.
Ogni osso del tuo scheletro genererà nuova carne e nuovo animale,
se ciò che è invisibile diventa visibile.
Da un femore nascerà l’antilope, da una falange l’artigliato puma, dalla cavità nasale il becco del falco.
Sei un terreno di battaglia. Spirits corrono lungo il tuo corpo.
Con le tue vertebre puoi costruire una diga sul fiume del destino,
se ciò che è invisibile diventa visibile.
Solo l’azione dice chi sei – canta il tuo animal spirit.
Esiste in te un simile essere?
Osso per osso esiste in te.

PRIMO MITO DELLA DONNA DALLA TESTA DI NIBBIO
Nel tempo in cui le forme erano fluide e le metamorfosi quotidiane sugli uomini regnava una dama dalla testa di nibbio.
Essa viveva molto a lungo e quando si sentiva stanca concepiva una figlia identica a lei, che prendesse il suo posto e così il suo regno continuava da migliaia di anni.
Da migliaia di anni nel segreto del suo palazzo, aiutata da 12 volte 12 ancelle, la Dama tesseva con un unico filo scarlatto la trama che lega insieme le cose e le vicende del mondo, una rete invisibile che avvolge il tutto con ferrea necessità, dall’apparizione del primo essere fino allo spegnimento dell’ultimo sole nella notte senza fine.
Ma quando il segreto della tessitura venne rivelato, gli uomini non poterono sopportare l’esistenza della rete, poiché se ne sentivano prigionieri. Così vollero distruggere la Dama e la sua opera.
Armati di ferro entrarono nel palazzo. Nella prima sala trovarono dodici ancelle velate di nero immobili di fronte al telaio. Non riuscendo a riconoscere la Dama, le uccisero tutte e mentre le uccidevano nelle altre sale si continuava a tessere la rete che legava il mondo. Cercarono poi nella seconda sala e anche lì trovarono dodici dame velate, pronte a morire. Così avvenne in ogni sala fino alla dodicesima. Decapitata l’ultima donna, gli uomini armati di ferro sigillarono il palazzo, che divenne un enorme tomba, piena di ossa bianche, con un unico arazzo strappato come sudario.

SECONDO MITO DELLA DONNA DALLA TESTA DI NIBBIO
In un tempo remoto in cui tutte le cose erano unite e conoscevano il proprio legame, una Dama dal volto di gheppio regnava sugli uomini.
prima di morire ella veniva sostituita in segreto da una figlia che aveva lo stesso volto e lo stesso nome. Così figlia dopo figlia da migliaia di anni il compito veniva eseguito.
Chiusa nel suo castello la Dama e le sue ancelle narravano senza posa le storie che dall’inizio del mondo conducono fino a oggi.
E quella narrazione incessante, quell’incrocio di voci femminili, che sussurravano senza posa, tesseva una rete invisibile, che collegava tutto e tutti e permetteva il passaggio tra le forme.
Ma un giorno gli uomini iniziarono a temere la Dama e a odiare il suo volto di gheppio e desiderarono mettere al suo posto un re simile a loro.
La Dama che non voleva regnare con la forza cedette il regno e celò dietro una maschera il volto che essi odiavano. Ma nel segreto del suo castello circondata dalle ancelle continuava a narrare, narrava ora le imprese degli uomini armati di ferro per i quali ogni cosa ha un solo nome. Ma il re temeva la Dama e il suo prestigio e tramava contro di essa. E venne il giorno in cui la Dama narrò di come il re mandò i suoi uomini a prenderla, perché fosse imprigionata e poi decapitata. Poi tacque. Subito dopo, gli uomini armati di ferro fecero irruzione nella stanza ma trovarono solo un gheppio bianco tra le ancelle nere che sedevano in silenzio.

TERZO MITO DELLA DONNA DALLA TESTA DI NIBBIO
In un tempo felice in cui gli ibridi ancora abitavano la terra, un Dama governava gli uomini. Essa aveva un becco acuminato e zampe artigliate come la civetta
Alla fine della sua lunga vita la Dama generava una figlia, uguale a lei, che continuasse il suo compito. Così il regno durava da migliaia di anni.
Chiusa nelle sue stanze la Dama, tenendo nel becco un unico filo scarlatto, cuciva collegando ogni cosa a se stessa e poi a tutte le altre.
Ogni mattina dopo aver tessuto la rete invisibile tutta la notte, ella si affacciava alla finestra e permetteva a chi lo volesse di guardarla negli occhi. Ogni essere, che si specchiava nell’occhio della Dama, conosceva il proprio posto e il proprio legame con tutti gli altri esseri.
Ma un giorno gli uomini desiderarono sottrarsi al legame e vollero credersi unici. E, non sopportando più di specchiarsi nell’occhio della Dama, pensarono di accecarla.
Per celare il suo occhio ella si cinse il capo di una maschera di ferro. E quando gli uomini armati d’ascia la trascinarono in piazza non riuscirono in alcun modo a toglierle la maschera. Allora decisero di decapitarla. Quando la testa cadde sotto la scure, gli uomini udirono il fragore della maschera metallica e si credettero liberi dal vincolo con gli altri esseri. Sciocchi uomini che se avessero osato guardare sotto la maschera, si sarebbero visti riflessi ancora una volta nell’occhio di civetta della Dama.

LA BALLATA DELL’ANGUANA (solo in inglese)
Hey stranger
where are you going
in the night long the river,
in the mountains? While
you wandering in the wild
we’re still fighting.
I’m
going to the mountain, man,
looking for a nymph.
She bewitched me
with her feet.
It’s still water
it’s still water
ever and ever
it’s water flowing.
You will not find her today
the country, it isn’t for nymphs.
In the land today
all the nymphs are gone.

EN

FIRST NEITH’S MYTH
In the beginning were a goddess and a palace. The goddess was the palace.
The goddess’s heart was hollow and there lived humans. The goddess’s womb was also hollow and there lived humans, too. From the goddess’s eyes to her toes and hair roots everything was inside her. A vertical vertigo was the goddess’s presence.

Goddess the Terrible taught humans several mysteries. She gave them many gifts. She gave them water, from which everything starts, so they could know what need is. She gave them the crocodile so they could fear something real. She gave them the fight where to put their bodies at risk. She gave them bows and arrows to fight a cruel but fair battle. She gave them looms to wave their stories in endless tapestries in order to obtain memory and awareness. First of all, however, and with no explanation, she gave them action.

It was when the light of action came into the world that the external dimension appeared. Beside the goddess and her palace there was action. Action belonged to humans.

Little by little humans left the palace to explore the external dimension(1). So the one who never dies started to die.
Goddess the Terrible disappeared but the palace and action remained.

Nine(2) Routes to the palace. A sole book is about the nine routes. A sole quiver contains the nine arrows on the Goddess’s back.
If the gift of action happened to be lost, the nine routes would remain.

APPENDIX
From the nine’s book:
My bones will become columns and the hollows of my body endless rooms. My gift will remain there forever. Dwell in my body and you will know the gift that you have neglected.

Her bones are white, shiny and as large as the back of a hundred wales.
Out of the Goddess’s bones humans created shelters, tools, ornaments and weapons.

Nine are the arrows that I carry with me. Every withe bone arrow has a black iron tip.
The arrow tips will wear out but the arrow deadly shot at the target will remain the same eternally. The arrow tips will wear out, when time is over, but the wisest among you will be able to forge some new ones. Do not confuse black tips with white arrows(3). Some of them will die while some others will be forever.

_____
Notes
(1) All of them took bows and arrows, the crazy need and the love for fighting, the fear of the crocodile and the consolation of the loom. And yet, not all of them took the unexplained gift for action. Therefore, differences among people arose: those who command and those who are commanded.
(2) The myth is about nine routes. It is a symbolic number referring to the nine parts of the Egyptian mythology that create the soul. The nine routes are quoted together with the goddess’s nine arrows . It is clear that they derive from the Goddess’s goodwill, which allows humans to find access to the palace. There is however a strong reference to entirety, which is emphasized by a sole book and a sole quiver. Because of the context, the quiver may symbolize a cure of the self and the nine arrows may symbolize nine exercises.
(3) In this passage, the nine arrows seem to refer to the cure of the self entirety. Black tips might be the parastemata representing the essence of dressage, which adepts follow in a certain historical period. The warning is precise: you must not believe that parastemata are unchanging. They are linked to specific contexts, scenarios, times and spaces.

FIRST MYTH OF THE KITE-HEADED LADY
There was a time when shapes were fluid and metamorphoses were ordinary. At that time, a kite-headed Lady used to rule mankind.
She used to live for a long time. As she became weary, she conceived a daughter identical to her, who could take her place. In that way, her reign went on for thousands of years.
For thousands of years the Lady remained in the secrecy of her palace, assisted by twelve times twelve handmaidens. With a single scarlet thread she used to weave the weft that bonds the things and events of the world. It was an invisible net that enveloped everything with a strict will from the appearance of the first creature till the last sunset that turns into the endless night.
However, ever since the secret of the weave was revealed, human beings could not bear the existence of that net as they felt imprisoned by it. They therefore decided that the Lady and her work had to be destroyed.
Bearing arms, they broke into the palace. In the first room, they found twelve black-veiled handmaidens, still at the loom. They killed all the women as they were not able to identify the Lady. And while they were killing them, the weaving of the net that binds the world kept going on in the other rooms. Then they went to the second room, where they found twelve further veiled women, ready to die. The same happened in the other rooms, till the twelfth one. After they beheaded the last woman, they sealed up the palace, which became an enormous grave, filled with white bones, with only a torn tapestry as a shroud.

SECOND MYTH OF THE KITE-HEADED LADY
In ancient times, when things were tied together, everything was aware of its bond. At that time there was a windhover-featured Lady who used to rule mankind.
When she came close to dying, a look-alike daughter used to take her place. And so on, daughter after daughter, the task had been going on for thousands of years.
Locked in her castle, the Lady and her handmaiden narrated uninterruptedly stories that described what from the beginning of the world lead to today.
This uninterrupted narration, that crisscross of whispered female voices, weaved an invisible net that connected everything and everyone and allowed the shifting between different shapes. But one day, mankind began to fear the Lady and to hate her windhover beack and they desired to give her kingdom to a king similar to them.
The Lady didn’t want to reign through force so she gave up her kingdom and hided the face they hated behind a mask. But in the secret of her castle, surronded by her handmaiden, she kept narrating. She now told about armed men, and how every thing had only one name for them. But the king feared the Lady and her prestige and he plotted against her. And came the day the Lady told about the king and his decision to imprison and decapitate her. Then she shut up. A moment after, armed men broke into the room but they only found a white windhover surrounded by black dressed handmaiden that sat in silence.

THIRD MYTH OF THE KITE-HEADED LADY
There was a happy time when hybrid beings still live on Earth. At that time a Lady used to rule men. She had a sharp beak and clawed legs, just like an owl.
As she approached the end of her long life, the Lady used to give birth to a look-alike daughter, so that she could fulfill the task in her place. In that way the reign had been going on for thousands of years.
The Lady used to stay locked in her rooms, holding in the beak a scarlett thread. She used to sew, tying everything to itself, and to everything else
Every morning, after having sewn the invisible net all night long, she used to stand by the window to let willing people look into her eyes. Mirroring in Lady’s eye, every creature could learn about their role and their own bond with every other being.
But one day, men longed to escape the bond. They wanted to feel unique. They couldn’t suffer to mirror in the Lady’s eye any longer and therefore decided to blind her.
To hide her eye, she decided to wear an iron mask. But when the axe-armed men dragged into the streets, they weren’t able to take the mask off her. And so, they decided to behead her. When the axe hacked the head off, men heard the iron mask thunder, and they believed they were free from the bond between them and the other creatures. Foolish men! If they had only dared to look under the mask, they would have mirrored in the Lady’s owl eye one more time.

THE ANGUANA’S BALLAD
Hey stranger
where are you going
in the night long the river,
in the mountains? While
you wandering in the wild
we’re still fighting.

I’m
going to the mountain, man,
looking for a nymph.
She bewitched me
with her feet.

It’s still water
it’s still water
ever and ever
it’s water flowing.

You will not find her today
the country, it isn’t for nymphs.
In the land today
all the nymphs are gone.

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